19/09/11

Diploma Ais: ma fa davvero bene?

Quando qualche anno fa, seduto in un ristorante fantastico, con il mio vinello della casa (non uno sfuso ma una bottiglia, diciamo così, “entry level”) davanti, ho conosciuto, molto di sfuggita, il nostro dirimpettaio, al tavolo vicino, in realtà sbandieratoci dalla, credo, moglie/fidanzata, come “sommelier”, qualcosa è scattato. Innanzitutto l'orrore per una donna che sbandiera un pezzo di carta simpatico neanche fosse l'assegnazione del premio Nobel per la Fisica. Il destino ha voluto che il sommelier in questione, nonostante i pessimi gusti riguardo alle donne, fosse dotato di sana modestia e non se la sia menata per niente. Alla mia frase: “ Noi non ci capiamo un cazzo di vino” ha risposto una cosa tipo” Una prima cosa semplicissima per capire se un vino è o no buono e valutarne la complessità!”. Come chiunque avrebbe fatto ho annuito anche se non ci avevo capito un'acca, ostentando sicumera e concentrandomi sul mio gambero rosso crudo. Quella parola, però, “Complessità”, mi stuzzicava. “Che cacchio vuol dire complesso? Mica è un problema di matematica!” E' per capire questo concetto che ho iniziato a fare il corso, felice che, pur con un notevole investimento di soldi, un giorno avrei sbattuto in faccia a qualcuno la storia del vino complesso. Ahimè questa soddisfazione non me la sono passata, soprattutto perchè ora so che non vuol dire una cippa di niente. In compenso è nata una passione vera, che mi ha anche condizionato la vita, in parte. La vera domanda, però è: la mia vita è migliorata? Il diploma Ais comporta seri effetti collaterali in una persona.
Innanzitutto non avete idea di cosa sia il primo vinitaly per un neodiplomato, ingenuo, speranzoso e convinto che il vino non va sputato mai. Ingresso alle 10,00 e subito stand dell'Emilia Romagna ( ovviamente non ti porti nulla da mangiare, ignaro delle drammatiche code e della pessima qualità dei panini di Veronafiere). Alle ore 10,25 sei completamente ciucco, hai ingurgitato 15 bicchieri di vino, quasi quanti ne hai degustati nei tre corsi Ais, e la maggior parte di pessima qualità. Vai a nome, a doc. Il tuo programma di assaggi prevede circa 18 padiglioni e ansia e sconforto ti assalgono. Fortuna vuole che ci sia un magico stand di salumi nel quale ti fiondi per sgranocchiare qualsiasi cosa di commestibile ti passa davanti. Resti fino all'ora di chiusura, strisciando come il peggior clochard di Parigi e, dopo i due giorni che ti occorrono per smaltire la tranvata che hai preso, non ti ricordi nemmeno un nome di uno dei vini che hai provato.
Vogliamo parlare di ciò che si prova quando riprovi lo sfuso della pizzeria nella quale vai da ormai 20 anni? La paura che ti prende quando pensi a quanti litri ne hai bevuti?
Quello che, poi, succede alle tue finanze, ha del drammatico. Ad un anno dal diploma, di fronte ad un imbarazzante estratto conto, provi ( ancora un brivido mi percorre la schiena...) a valutare quanto in percentuale spendi in più al mese per la singola voce: beveraggio... Perchè, poi, non c'è solo il vino: parte la fissa per le birre artigianali ( pensa che avrò bevuto almeno un tonneau di Finkbrau del discount, vade retro), per le grappe da alambicco discontinuo a bagnomaria, che fino a poco tempo fa associavi solo a delle bistecchine gommose, simili alle copertine dei portadocumenti dell'ufficio, che tua madre, quando voleva cucinare qualcosa di sano, ti appioppava con grande tuo disgusto, il rhum agricolo, e così via. Comunque, sudi freddo vedendo quel “+ 600%” e ti consola solamente un calice di fresco lambrusco a rifermentazione ancestrale.
Col tempo, però ci fai l'abitudine e superi queste esperienze realmente scioccanti.
Una cosa, però, che per sempre ti perseguiterà è l'uscita al ristorante con gli amici. Lo sai: nessuno è matto come te e spenderebbe per il vino più di quello che spende per il cibo. Nessuno ti capisce, nessuno ha pena per te, anzi, ti danno in mano la carta dei vini e ( pure!) dicono al cameriere: “Sceglie lui che è sommelier!” Cosa fai allora? Scorri la carta, spesso interessante e piena di chicche che, da solo, non aspetteresti un istante ad ordinare ma, visto il prezzo e fatta la domanda:” la ordinerebbero loro?” passi oltre. Pensi all'ordinazione che avete fatto: antipasto caldo di mare per due, salumi di cinta per te, sformatino di melanzana e bufala, tagliatelle ai funghi, agnolotti cacio e pepe, carne alla brace, peposo, filetto di branzino. Riorganizzi nella tua testa tutti i principi dell'abbinamento cibo-vino, guardi il cameriere e glielo vedi quel ghigno di chi sa cos astai passando e lo odi per questo. Lo sai che nulla può andare bene e l'idea di un DRC ti sfiora, cosicchè, in futuro, terranno lontanissima da te la carta dei vini e tu ti godrai il tuo calice perfetto per i tuoi piatti ma sai che hanno il mutuo, dei figli e passi oltre. Scegli un vino che non hai ancora provato (almeno crescerà la tua conoscenza) ma da produttore sicuro e che costa 3 o 4 euro in più del meno caro in carta. Pronunci il nome con l'espressione di quello che ne apprezza l'enorme rapporto qualità prezzo, noti il segno di approvazione che ti regala il cameriere per la grande prova, chiudi la carta con finta ma fiera decisione e pensi a quanto lontano sia il tuo lambrusco ancestrale, sperando che per la seconda boccia non vogliano cambiare tipologia.
Tutto questo ti sfianca, davvero! Per questo che vi dico: fate i corsi di degustazione ma non ditelo mai a nessuno!
Hasta



1 commento:

Anonimo ha detto...

ahah...ti capisco perfettamente,hai tutta la ma empatia!
un sommelier veronese