18/10/14

Vannino

“Peppina, vai a chiamare Vannino, per piacere! E' tardi. Tra poco arriva il prete e bisogna andare”.
Vannino, gli occhi socchiusi per quella luce gialla di sole e grano, guarda lontano, nei campi ma non cerca niente: guarda e basta. Aspetta di sentire in lontananza il suo nome, gridato da qualcuno che lo riporterà alla realtà delle cose. C'è il funerale di sua sorella, tra poco e Vannino starebbe più volentieri al campo, col suo amico corvo al seguito, tentato da qualche seme e da una compagnia insolita. Se non fosse l'occasione di rivedere suo papà, dopo quasi un anno, scapperebbe a nascondersi con le pecore, aspettando che tutto sia finito. A Giugno la piana si anima: è l'ora del grano. La Sicilia diventa un fermento, simile solo al periodo della vendemmia. Di uguale c'è l'arrivo dell'oro negli occhi, riflesso da piante tanto diverse, frumento e vite, che acceca ma scalda il cuore.

Raffaele scalpita, si batte le mani sulle cosce, sul sedile di legno di quel treno che sembra andare al rallentatore. E' tardi e lui è ancora lontano. Rischia di non arrivare in tempo. Non può farci niente, comunque, e lo sa, per cui prova a concentrarsi su quello che vede attraverso il finestrino, realtà mossa, sfocata appena ma calda. E' un anno che non la vede, la sua Sicilia, buttato lontano, in quella Libia che deve essere italiana per qualche motivo che gli sfugge. Ha schivato pallottole, ha fatto carte false per poter tornare a casa a salutare la sua bambina dai grandi occhi azzurri, immagine scolpita nella sua testa, vispi e pieni di voglia di masticare la vita. La miseria gliel'ha strappata via. La guerra gli ha rubato la gioia di vederla correre per casa, di crescere finchè doveva crescere, ed anche il dovere di aiutarla a partire, con il viso del padre negli occhi ed il cuore sereno, almeno un po'.

“Vannino, Vannino, Dove sei?”
“Arrivo, arrivo!”
La mamma lo veste, gli sistema la riga in testa col vecchio pettine scorticato e gli dà una carezza sulla guancia inumidita dalle lacrime. Papà non c'è e Vannino piange.
In chiesa sta ad ascoltare quello che il prete dice, recita, canta e non ci capisce niente. Gli sembra una filastrocca senza senso. Il fastidio per l'odoraccio dell'incenso è appena mitigato dal profumo di sua zia Rosa, che sa di pane e olive. Si gira spesso verso l'ingresso della chiesa: cerca suo padre ma non lo vede mai. Dov'è? Poi pensa che domani dovrà controllare la staccionata delle pecore perchè ha bisogno di essere rinforzata: magari Turi la riparerà, se avrà tempo. La vorrebbe sistemare lui ma è troppo piccolo, ancora: certi lavori li fanno i grandi. A sei anni che vuole fare? Cresce in fretta, Vannino ed è bene così: non c'è tempo di essere bambini, nel '42.

Si vede il paese, finalmente. Ecco arrivare il treno alla stazione. Raffaele scende in fretta e corre, corre verso la chiesa ma non ci trova nessuno: il corteo, piccolo piccolo come la cassa sul carretto, si sta già lentamente muovendo verso il Camposanto. La divisa è pesante, sudata e questa luce, gialla di sole e terra, acceca e stanca.

Vannino è proprio dietro il carretto, vicino alla mamma e alla nonna, entrambe in lacrime. Si dispera, la mamma, grida al mondo il bene che le voleva, urla il suo odio a chi gli tiene lontano il marito, anche in questi momenti. Urla forte, che tutti la sentano, anche quelli che non ci sono. Vannino guarda il carretto fin quando un raggio di sole filtra fra le assi e gli si punta negli occhi. Luce gialla di sole e vita. Lo copre col dorso della mano e sente il tonfo del carretto, sballottato per una buca. E' un attimo. La cassa scivola e si appoggia in terra, fra lo stupore di tutti. Due zii si avvicinano per rimetterla a posto ma sentono due mani appoggiarglisi sulle spalle. Raffaele, la voce rotta dalla corsa e dal dolore, gli chiede di poterla risistemare da solo e lo fa.
Vannino lo guarda, grande e fiero nella sua divisa e gli si avvicina, toccandogli il pantalone. “Sei arrivato in tempo! Lo sapevo che ci saresti riuscito!”
Raffaele gli mette in testa il basco e gli chiede di aspettare, strizzandogli l'occhio.
Hanno detto che la bambina non voleva partire senza il saluto del papà e che sia successo per permettere a Raffaele di arrivare in tempo. I soliti scettici, invece, parlano di casualità e cose così.
Vannino, invece, si è sempre portato in cuore quella luce, gialla come tante cose e forte da farti chiudere gli occhi, forse perchè ad occhi chiusi si sogna meglio.

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