“Peppina, vai a
chiamare Vannino, per piacere! E' tardi. Tra poco arriva il prete e
bisogna andare”.
Vannino, gli occhi
socchiusi per quella luce gialla di sole e grano, guarda lontano, nei
campi ma non cerca niente: guarda e basta. Aspetta di sentire in
lontananza il suo nome, gridato da qualcuno che lo riporterà alla
realtà delle cose. C'è il funerale di sua sorella, tra poco e
Vannino starebbe più volentieri al campo, col suo amico corvo al
seguito, tentato da qualche seme e da una compagnia insolita. Se non
fosse l'occasione di rivedere suo papà, dopo quasi un anno,
scapperebbe a nascondersi con le pecore, aspettando che tutto sia
finito. A Giugno la piana si anima: è l'ora del grano. La Sicilia
diventa un fermento, simile solo al periodo della vendemmia. Di
uguale c'è l'arrivo dell'oro negli occhi, riflesso da piante tanto
diverse, frumento e vite, che acceca ma scalda il cuore.
Raffaele scalpita, si
batte le mani sulle cosce, sul sedile di legno di quel treno che
sembra andare al rallentatore. E' tardi e lui è ancora lontano.
Rischia di non arrivare in tempo. Non può farci niente, comunque, e
lo sa, per cui prova a concentrarsi su quello che vede attraverso il
finestrino, realtà mossa, sfocata appena ma calda. E' un anno che
non la vede, la sua Sicilia, buttato lontano, in quella Libia che
deve essere italiana per qualche motivo che gli sfugge. Ha schivato
pallottole, ha fatto carte false per poter tornare a casa a salutare
la sua bambina dai grandi occhi azzurri, immagine scolpita nella sua
testa, vispi e pieni di voglia di masticare la vita. La miseria
gliel'ha strappata via. La guerra gli ha rubato la gioia di vederla
correre per casa, di crescere finchè doveva crescere, ed anche il
dovere di aiutarla a partire, con il viso del padre negli occhi ed il
cuore sereno, almeno un po'.
“Vannino, Vannino, Dove
sei?”
“Arrivo, arrivo!”
La mamma lo veste, gli
sistema la riga in testa col vecchio pettine scorticato e gli dà una
carezza sulla guancia inumidita dalle lacrime. Papà non c'è e
Vannino piange.
In chiesa sta ad
ascoltare quello che il prete dice, recita, canta e non ci capisce
niente. Gli sembra una filastrocca senza senso. Il fastidio per
l'odoraccio dell'incenso è appena mitigato dal profumo di sua zia
Rosa, che sa di pane e olive. Si gira spesso verso l'ingresso della
chiesa: cerca suo padre ma non lo vede mai. Dov'è? Poi pensa che
domani dovrà controllare la staccionata delle pecore perchè ha
bisogno di essere rinforzata: magari Turi la riparerà, se avrà
tempo. La vorrebbe sistemare lui ma è troppo piccolo, ancora: certi
lavori li fanno i grandi. A sei anni che vuole fare? Cresce in
fretta, Vannino ed è bene così: non c'è tempo di essere bambini,
nel '42.
Si vede il paese,
finalmente. Ecco arrivare il treno alla stazione. Raffaele scende in
fretta e corre, corre verso la chiesa ma non ci trova nessuno: il
corteo, piccolo piccolo come la cassa sul carretto, si sta già
lentamente muovendo verso il Camposanto. La divisa è pesante, sudata
e questa luce, gialla di sole e terra, acceca e stanca.
Vannino è proprio dietro
il carretto, vicino alla mamma e alla nonna, entrambe in lacrime. Si
dispera, la mamma, grida al mondo il bene che le voleva, urla il suo
odio a chi gli tiene lontano il marito, anche in questi momenti. Urla
forte, che tutti la sentano, anche quelli che non ci sono. Vannino
guarda il carretto fin quando un raggio di sole filtra fra le assi e
gli si punta negli occhi. Luce gialla di sole e vita. Lo copre col
dorso della mano e sente il tonfo del carretto, sballottato per una
buca. E' un attimo. La cassa scivola e si appoggia in terra, fra lo
stupore di tutti. Due zii si avvicinano per rimetterla a posto ma
sentono due mani appoggiarglisi sulle spalle. Raffaele, la voce rotta
dalla corsa e dal dolore, gli chiede di poterla risistemare da solo e
lo fa.
Vannino lo guarda, grande
e fiero nella sua divisa e gli si avvicina, toccandogli il pantalone.
“Sei arrivato in tempo! Lo sapevo che ci saresti riuscito!”
Raffaele gli mette in
testa il basco e gli chiede di aspettare, strizzandogli l'occhio.
Hanno detto che la
bambina non voleva partire senza il saluto del papà e che sia
successo per permettere a Raffaele di arrivare in tempo. I soliti
scettici, invece, parlano di casualità e cose così.
Vannino, invece, si è
sempre portato in cuore quella luce, gialla come tante cose e forte
da farti chiudere gli occhi, forse perchè ad occhi chiusi si sogna
meglio.
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