19/01/09

Brunello anch'io!




Sto seguendo, a dir la verità in maniera ormai annoiata, la vicenda del Brunello. Dirò solo due parole, come al solito inutili ma alla tv c'è la pubblicità del tavernello, " il cui successo invita a riflettere", ed allora, visto che ormai sparan tutti cazzate perchè non dovrei farlo io?
Secondo me, se uno mette in un vino uve non da disciplinare commette una scorrettezza. Può dire ciò che vuole sul fatto che il vino gli è venuto meglio, che è stata una svista, che tutti lo fanno, etc etc. E' scorretto e basta. Se in una Ferrari ci metti un motore Lamborghini, non puoi vendere quella macchina chiamandola Ferrari, anche se l'hai, magari, migliorata. Chi, poi, comincia a dire che è necessario cambiare il disciplinare perchè è limitante, antiquato, negativo per la qualità del vino, secondo me sbaglia. Sbaglia perchè se qualcuno vuole fare un vino mettendoci le uve che vuole, per renderlo eccezionale, lo può fare benissimo, chiamandolo " Superbo", "Il migliore", " Poggio della madonna" o come diavolo vuole e lo indicherà sotto una doc o una igt. Tanto, è inutile che ci prendiamo per il sedere, le denominazioni, in Italia, non sono di certo indicazioni qualitative ( se non nei propositi...). I vini italiani più celebri sono i vari Ornellaia, Tignanello, Sassicaia che non sono di certo docg.
La cosa, però, che non capisco è perchè qualcuno si ostina a dire che, per "spaccare" nel mercato dobbiamo iniziare a fare il vino come i francesi. Il nostro paese ha una ricchezza ampelografica che i cugini ed il resto del mondo si sognano. Questo è il nostro punto di forza. Non dico che non bisogna imparare tecniche di allevamento, vinificazione ed affinamento ma lasciamo stare i vitigni. Certo non dico che non vadano considerati, anzi. Il viticultore scelga pure i vitigni che vuole. Le denominazioni, però, devono premiare le peculiarità tradizionali e territoriali, non gli interessi economici. E', casomai, nell'aspetto di vendita, di immagine e di cultura che dobbiamo crescere ancora molto. Il riccone strafico americano che invita la sua bella al ristorante per chiederle di sposarlo, dopo averle dato il suo anello di smeraldi ordina una bottiglia di Bordeaux e non uno Sforzato di Valtellina o un Taurasi. Se mi vien da dire: " peggio per lui" ( anche se dipende quale Bordeaux gli portano...), penso che è l'immagine del vino che fa scegliere, non la qualità intrinseca. In questo i Francesi sono di certo anni luce più avanti di noi. Se, poi, ci mettiamo a fare i pasticci peccando di scorrettezza, allora facciamo passi indietro. Nel resto del mondo, a differenza del nostro paese, dire bugie è una cosa grave.
Quindi, sempre secondo il mio parere di ignorante, è nella incredibile varietà di vitigni che dobbiamo concentrarci, nelle peculiarità territoriali, nella correttezza verso i consumatori. Dobbiamo, poi, migliorare l'aspetto della divulgazione e della sensibilizzazione dei consumatori stessi, dando una nuova immagine del vino italiano come specchio del nostro paese e non della nostra, ahimè "furbetta", mentalità.

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